Nei vini che noi consumiamo sono presenti delle variabili quantità di solfiti, in base al processo di produzione, alla tipologia di azienda e a eventuali trasporti della materia prima che verrà aggiunta molto probabilmente di una concentrazione dei solfiti in oggetto.
Cosa sono i solfiti?
Si tratta di molecole formate dall’unione dello ione solfito con altri composti chimici di varia natura come polifenoli e acetaldeide con i quali si forma un legame stabile difficilmente alterabile.
A cosa servono?
Possiedono proprietà antiossidanti e antimicrobiche sia nei confronti dei batteri ma anche dei lieviti ovviamente in concentrazioni più importanti.
I solfiti presenti nel vino non vengono solamente aggiunti durante la fase di trasformazione da mosto a vino o durante lo stoccaggio del prodotto. Vengono prodotti in maniera naturale dai lieviti durante la fermentazione alcolica, fino ad un massimo di 40 mg/L.
Altra azione importante dei solfiti nella vinificazione in rosso, avendo il contatto tra massa solida e liquida, è l’azione estraente nei confronti della materia colorante.
Hanno azione “macerante” effetto stabilizzante nei confronti degli antociani (polifenoli che danno la colorazione rossa).
Nella produzione di un vino bianco, generalmente la concentrazione dei solfiti risulta essere più alta.
Ciò è dovuto alla scarsità di sostanze polifenoliche, quindi alla minor capacità del vino bianco di auto proteggersi.
Limiti nel vino.
Esistono diverse filosofie di pensiero che vedono l’utilizzo dei solfiti, ovviamente non stiamo parlando di condizioni allergiche, come motivo di scelta o meno di un vino rispetto ad un altro.
Vengono considerati vini senza solfiti i vini dove la concentrazione non supera i 10 mg/L ( difficilmente raggiungibile).
Quando parliamo di vini secchi, quindi vini con una concentrazione di zuccheri massima di 2 g/L, la solforosa totale nei vini rossi non deve superare i 100 mg/l. Nei vini bianchi i 150 mg/L.
Questo nella produzione di vini biologici.
Nel convenzionale la concentrazione massima slitta verso l’alto con i 150 mg/L per i rossi e i 200 mg/L per i vini bianchi.
Nella fase di affinamento un adeguato utilizzo della solforosa può aumentare la longevità del prodotto andando a preservarne l’aroma, inibendone i caratteri ossidativi.
Una concentrazione troppo alta, potrebbe portare in apertura, note ridotte (di uova marce) o agliacee, note che potrebbero se leggere andarsene con l’ossigenazione del prodotto.