E’ di fondamentale importanza per l’ottima riuscita di un vigneto scegliere i portainnesti opportuni, caratterizzando l’equilibrio della pianta in funzione della tipologia del suolo.
Nel nostro paese circa 40 portainnesti sono autorizzati e accanto a quelli classici negli ultimi anni ne sono stati sviluppati di nuovi.
Ma perché devo innestare?
Con l’avvento della Fillossera (Phyllossera Vastatrix), afide parassita della vite, la viticoltura si è rivoluzionata da fine 800, in quanto questo parassita è riuscito a decimare i vigneti di tutta Europa ad eccezione di pochi terreni particolarmente sabbiosi o di origine vulcanica. I suoi danni si notarono particolarmente sulle radici di vite europea (Vitis Vinifera).
Queste presentano nodosità, tuberosità e marciumi, fino alla completa distruzione dell’apparato radicale.
Dopo qualche anno e numerosi tentativi, si è scoperto che la vite americana era più resistente alla filossera.
Sui portainnesti di vite americana questo parassita attacca per lo più le foglie, dando luogo alla formazione di galle. Le radici sono invece colpite in modo più lieve e meno preoccupante.
Quindi, in seguito all’intuizione tecnica, si decise di utilizzare le viti americane come portainnesti della vite europea.
Le specie americane come portainnesto….
Le specie di vite americane individuate all’inizio del secolo scorso come portainnesto furono: Riparia, Berlandieri e Rupestris.
In seguito, grazie alle tecniche di miglioramento genetico, furono realizzati ibridi di queste tre specie, ottenendo un’ibridazione a due vie: Riparia x V. rupestris, Berlandieri x V. riparia e Berlandieri x V. rupestris.
Da questi tre incroci si crearono dei gruppi di portainnesti, migliorati nel tempo con ulteriori processi d’ibridazione.
I portainnesti della vite, oltre alla resistenza alla filossera, devono avere anche buoni requisiti rispetto ad altri fattori come l’adattabilità al terreno l’ affinità d’innesto alla varietà di Vitis Vinifera e la vigoria.
La giusta scelta è importante, poiché questi hanno il ruolo di regolatori dell’assimilazione di acqua e degli elementi nutritivi e inoltre resistere alle carenze, quindi permettere la coltivazione anche in condizioni difficili.
Portainnesto – Terreno
La problematica maggiore è il calcare in eccesso presente nel terreno che può causare la clorosi ferrica.
Già con presenza superiore al 10% possono essere riscontrati problemi da parte di alcuni portinnesti con un pH del terreno pari a 8.
Il ristagno idrico e la forte umidità superficiale possono portare a marciumi radicali e scarsa qualità di produzione.
Anche la salinità è un altro problema da non sottovalutare con presenza di cloruro di sodio, solfati, cloruri di potassio e magnesio.
Infine abbiamo la siccità, condizione sempre più comune in terreni posti in collina senza irrigazione artificiale, contrastabile con apparato radicale profondo e vasi legnosi piccoli.
Portainnesto – Varietà
Nelle zone viticole affermate non si presenta questo problema, in quanto i portainnesti usati sono affini con i vitigni tipici della zona.
Vigoria
La vigoria del portainnesto è in genere sinonimo di abbondante produzione. La qualità migliore viene però fornita dai portainnesti della vite di debole o medio vigore, che inducono minor produzione.
La ridotta vigoria delle piante di vite viene compensata con i sesti d’impianto, che possono essere più intensi, quindi con più viti per ettaro.
I Magnifici 7
Ancora oggi i portainnesti più utilizzati e ritenuti classici sono 7, frutto dell’ibridazione artificiale di 3 Vitis Americane : Berlandieri, Riparia e Rupestris.
Berlandieri x Riparia
- Kober 5BB
- SO4
- 420 A
Berlandieri x Rupestris
- 1103 Paulsen
- 140 Ruggeri
- 775 Paulsen
- 779 Paulsen
Capiamo come leggere la nomenclatura.
Ad esempio, portainnesti Berlandieri x Riparia Kober 5BB (il più usato in Itala):
- Primo nome: indica la vite portaseme (V. berlandieri)
- Secondo nome: identifica la vite impollinante (V. riparia)
- Simbolo divisore: una “X” indica che l’ibridazione è artificiale;
- Nome del costitutore dell’ibrido (Kober in questo caso)